Il 10 marzo alle ore 9.30 presso laSala delle Cerimonie del Comune di Priverno verrà presentata la prima parte di una ricerca svolta da ricercatori dell’Università “La Sapienza”, su Giovani e Patrimonio culturale nei Monti Lepini. La ricerca, condotta grazie al cofinanziamento della Regione Lazio (DGR 412/ 2009), ritaglia un piccolo spazio nell’ambito di tre questioni che sono al centro del dibattito nazionale: l’occupazione giovanile, lo sviluppo imprenditoriale, identità culturale e territoriale.
L’idea di fondo che ha guidato la ricerca è stata, in primo luogo, la non separabilità di questi temi, o detto in altri termini, l’idea che l’occupazione giovanile, focus dell’indagine, più che a un dato di statistica economica, sia legata a modelli di sviluppo territoriali specifici, al riconoscimento dei caratteri e delle potenzialità del territorio, a quel che oggi si intende per patrimonio materiale e immateriale.
La stessa dizione di “patrimonio” in sostituzione della più classica “bene culturale”, evidenzia un deciso passaggio concettuale: da una rappresentazione centrata sulla pura conservazione di beni per lo più artistici, si passa all’idea di una valorizzazione economica del territorio in tutti i suoi aspetti, da quello paesaggistico e architettonico, a quello imprenditoriale nelle sue diverse configurazioni, da quello culturale in senso stretto, a quello alimentare. Il patrimonio, in questo senso, diventa, come scrivono i ricercatori, l’insieme dei legami, la rete di attività e di emozioni che definisce un territorio, lo rende riconoscibile all’esterno e permette ai suoi abitanti di riconoscersi come unità sociale. Riconoscere il proprio territorio come proprio patrimonio significa sentirsi realmente a casa propria, non pensare di “fuggire”, pensare alla possibilità di investirvi le proprie energie. E, cosa più importante, il patrimonio non è qualcosa che si trova, non è un’eredità (malgrado spesso imparentato nei documenti con Heritage), ma è qualcosa che si costruisce, con i pezzi che si hanno, come nel bricolage.
E’ in questo senso, ben più ampio di come per lo più la si intente, che l’espressione “la cultura si mangia” ha un senso concreto.
Una ricerca di questo genere, proprio per i suoi presupposti, ha richiesto competenze provenienti da aree diverse: sociologia, psicologia, antropologia, comunicazione, architettura, e ha richiesto, principalmente, al di là di una raccolta generale dei dati, approfondimenti specifici: uno studio sistematico dei caratteri urbanistici e architettonici del territorio, per intenderne i presupposti morfologici; indagini attraverso questionari nelle scuole per capire la conoscenza e i progetti dei ragazzi riguardo al loro territorio; uno studio antropologico in profondità su un piccolo comune dell’area (Montelanico); incontri con le principali organizzazioni economiche, con i centri culturali, e con chi opera e amministra le aree considerate.
La ricerca non pretende di presentare grandi scoperte e spesso ci dice di aspetti del territorio che si preferiva non sentire: della poca fiducia dei ragazzi, di un ritardo ancora marcato nel riconoscimento del patrimonio dell’area e delle sue possibili valutazioni. Ma al tempo stesso ci parla di progetti nuovi, di iniziative di successo, della possibilità di utilizzare la tradizione in senso “antitradizionale”, di forme di identità che si riconoscono in nuovi percorsi turistici, o nei nuovi musei, progettati e pensati nell’area dal Prof. Vincenzo Padiglione, anch’egli docente della Sapienza. Mettere insieme questi dati positivi significherebbe già contribuire a costruire il patrimonio dei Monti Lepini.
La ricerca è stata condotta da ricercatori e assegnisti della “Sapienza” diretti per le diverse aree dai professori Alberto Sobrero, Gian Vittorio Caprara, Mario Morcellini, Mihaela Gavrila, Heleni Porfyriou (Consiglio Nazionale delle Ricerche –CNR), Luciano Zani.
In allegato il programma dell'evento